La chiesa di S. Lorenzo (o della “Confraternita degli Angeli”, come menzionata anche nella documentazione d’archivio), ascrivibile al XVIII secolo, presenta una facciata rivestita in cotto in stile barocco e dall’andamento curvilineo, aggettante verso la strada antistante nella porzione centrale. Fortemente sviluppata in altezza e articolata su due ordini scanditi da lesene, sempre in cotto, al centro di quello inferiore si apre il portale di accesso all’edificio, sormontato da una lunetta, che reca una decorazione pittorica raffigurante la Beata Arcangela Girlani. Al di sopra, domina la figura di San Lorenzo in Preghiera, racchiusa in una cornice mistilinea in mattoni e leggermente sporgente rispetto alla superficie muraria. Il registro superiore, separato da quello inferiore da una complessa modanatura, è meno esteso in larghezza rispetto a quest’ultimo. Al centro, una finestra inquadrata da due lesene su cui poggia una modanatura dall’andamento mistilineo, contribuisce a fornire luce naturale all’interno. La porzione centrale della facciata è coronata da un timpano, anch’esso dal profilo mistilineo, racchiuso da una cornice dentellata. L’iscrizione frontonale reca memoria del restauro dell’edificio, condotto nel 1749.
L’interno, a navata unica e fortemente sviluppato in altezza, presenta due cappelle (una per lato) poco profonde e un’abside a perimetro ottagonale, coperta da una cupola unghiata. Una seconda cupola, di dimensioni maggiori, si eleva al centro dell’aula e presenta un perimetro ovale. Il presbiterio è coperto, invece, da una volta a vela. Le pareti sono scandite da lesene coronate con capitelli in stucco.
L’altare maggiore e quelli delle cappelle laterali, tutti in marmi policromi, sono opera di Angelo Maria Ganna.
Da segnalare la cappella della Beata Arcangela, con l’urna contenente le reliquie.
Eleonora Girlani nacque a Trino nel 1460; divenne suora Carmelitana a 17 anni con il nome di Arcangela.
Ebbe sede nel convento di Parma e successivamente fondò il Convento Carmelitano di Mantova, città dove morì nel 1495, dopo una vita contrassegnata da perfezione spirituale e umiltà. Amava meditare sul mistero del Santo Natale e sulla Passione di Cristo; si affidava fiduciosa alla Santissima Trinità, dando inizio ad ogni azione importante solo dopo averne chiesto
l’assistenza. Ebbe il dono della profezia.
Il corpo trovò collocazione nella chiesa di San Lorenzo solo nel 1802.
Alla Beata vengono riconosciuti molti miracoli e molte grazie, come testimonia la collezione di oltre cento tavolette votive a lei dedicate dai fedeli.
Molti trinesi che avevano pregato la Beata Arcangela per ottenere delle grazie, spesso per la guarigione di un parente o perché ritenevano che il suo intervento fosse stato indispensabile per salvarli da situazioni di difficoltà, da quel periodo iniziarono a manifestare la loro riconoscenza ricorrendo agli ex voto. Si tratta di quadri che nella loro semplicità descrivono il momento in cui hanno ottenuto la grazia o la protezione della Beata. Altri invece raffigurano le parti del corpo guarite, altri ancora sono ricami.
L’ancona, opera di un pittore di origini mantovane, attualmente non meglio identificabile, raffigura, in primo piano, la Beata Arcangela insieme alla Beata Maddalena De’ Pazzi, come indicano, fra l’altro, i cartigli che affiancano entrambe le figure. Se la Beata a sinistra, con una mano sul cuore in atto di fede, si volge verso la Vergine che, al centro della scena, incede verso l’osservatore, la Beata a destra è rivolta verso chi guarda e apre le braccia, ponendosi così da intermediaria fra i fedeli e il mondo celeste. L’Immacolata, a sua volta, rivolge il viso verso Dio Padre benedicente, attorniato da angeli e putti festosi.
La composizione presenta struttura piramidale e colori tenui, fra i quali spicca il giallo aranciato dello sfondo. Una luce calda avvolge le figure, quasi a renderle partecipi della benevolenza divina.
Mattia Bortoloni, 1748-1750, Il martirio di San Lorenzo, tela, 350 x 250 cm, con decorazione a stucco
Il pittore, di origini venete e attivo a Torino presso i Savoia, mette in scena il momento appena precedente il martirio di San Lorenzo. Il Santo, al centro della scena, è semidisteso sulla gratella, sotto la quale sono già state disposte le frasche per l’accensione del fuoco. Lorenzo, volgendo rassegnato gli occhi al cielo, reclina la testa alla sua sinistra e solleva il braccio sinistro in segno di accettazione della volontà divina e, quindi, del martirio. Lo circondano i sicari, fra i quali, quello al centro, indica una figura scarsamente riconoscibile in profondità a sinistra, appena visibile dietro l’uomo che solleva due lembi di un telo bianco, elemento, quest’ultimo, non comune
nell’iconografia tradizionale. Assistono alla scena la Vergine, un angelo e alcuni putti, parzialmente nascosti dalle nubi. Degna di nota è, infine, la figura maschile in primo piano che volge la schiena all’osservatore, quasi ad escluderlo, e che sposta così il fulcro dell’azione più in profondità. La muscolatura esibita e, soprattutto, la carnagione scura dell’uomo creano un forte contrasto con il corpo diafano di Lorenzo, la cui delicatezza è sottolineata dalla luce che lo investe dall’alto a destra, a simboleggiare la sua imminente ascesa al Paradiso.
La tavolozza adottata dal Bortoloni è piuttosto ridotta e caratterizzata, in prevalenza, dai toni dell’avorio, delle terre, delle ocre e dei grigi. Dal punto di vista compositivo, la posizione del corpo di San Lorenzo segna una linea obliqua ascendente verso sinistra, che sviluppa in profondità la scena contribuendo ad accentuarne la drammaticità.
L’opera, di formato ovale, decora la parete di fondo del coro ed è racchiusa in una fastosa cornice in stucco, decorata a foglie di acanto, grappoli d’uva, pampini, rosette e putti.
Pietro Francesco Guala, 1748-1749, La Vergine con i Santi Luigi Gonzaga e Antonio Abate, tela, 342 x 210 cm, presbiterio, parete sinistra
Dell’artista sono conservate opere presso altre chiese del territorio trinese, vercellese e presso l’Abbazia di Lucedio.
La pittura fresca ed esuberante ritrae in primo piano un angioletto tra due Santi: a destra Sant’Antonio Abate, identificabile dall’abito da eremita del deserto e dal bastone; a sinistra San Luigi Gonzaga (secondo l’identificazione della bibliografia), considerato il patrono dei giovani; però l’aureola con le cinque stelline, insieme alla mantella che copre le spalle, identifica San Giovanni Nepomuceno, canonico di Praga, protettore della confessione e di coloro che sono a rischio di alluvioni. L’angioletto ai suoi piedi farebbe riferimento al segreto delle confessioni portandosi un dito alle labbra per richiedere silenzio.
Nel registro superiore compare la luminosa Madonna con Bambino che esprime bene le caratteristiche della esuberante pittura di Guala, in particolare l’uso del colore per rendere la consistenza tattile.
La Confraternita di San Lorenzo o degli Angeli, che ha sede in questa chiesa, risulta istituita nel 1492. Tra le pratiche un tempo in uso, bisogna ricordare l’accompagnamento del Santissimo Sacramento ai malati in agonia da parte di tredici confratelli (gli Angeli), muniti di torce.